GIOVEDI' SANTO - S. Messa in "Coena Domini"

La sera del Giovedì Santo, alcune donne portano alla Chiesa Madre, Santa Maria della Pietà, vari contenitori colmi di germogli di frumento e altre sementi, "u graniceddu", e poi ancora tanti cesti di vimini coperti di panni bianchi, pieni di pani e fichi secchi (offerti per voto da alcune famiglie, diverse ogni anno), destinati ad essere offerti agli Apostoli e distribuiti ai fedeli che intervengono alla S. Messa "In Coena Domini"dopo il rito della "lavanda dei piedi". Qualcuno porta anche un agnello. 
Il rito si svolge nel modo seguente.
Dodici uomini vestono i panni degli Apostoli e, ordinatisi in processione con il sacerdote, escono dalla sacrestia e, percorsa la piazza, raggiungono l'ingresso principale della Chiesa Madre. Salgono composti l'alta e ripida scalinata e fanno ingresso in Chiesa. Li attendono, numerosi, i fedeli, prevalentemente donne, anziani e bambini.


Gli Apostoli incedono ordinati fino all'altare e si dispongono a semicerchio dinanzi a quello. Ha inizio la funzione. Dopo l'omelia, il sacerdote procede al rito della "lavanda dei piedi".
Ora le offerte (i pani, la frutta, i fichi secchi, l'agnello), precedentemente disposte ai piedi di un simulacro dell'Immacolata Concezione, posto a sinistra dell'ingresso, vengono recate dai membri delle famiglie offerenti all'altare. Fra i doni c'è anche una colomba, liberata subito dal sacerdote tra gli applausi.
Il sacerdote annunzia a voce alta il nome delle famiglie che hanno fatto i doni: "Famiglia ***, per grazia ricevuta", ecc., mentre i cesti colmi di pane vengono finalmente scoperti e inondati dal denso fumo dell'incenso. La funzione riprende.
Dopo la comunione gli Apostoli, ognuno con una candela accesa, preceduti da un crocifero e seguiti dal sacerdote che reca il SS. Sacramento, si muovono in processione dall'altare al portone e di nuovo all'altare. Si procede ora alla spoliazione dell'altare su cui vengono posti due grandi pani votivi.
Il sacerdote procede alla benedizione delle offerte con l'acqua benedetta. Solo ora i pani e i fichi secchi vengono donati dall'officiante agli Apostoli e distribuiti tra i fedeli che sia assiepano intorno.
Frattanto l'officiante divide in piccoli pezzi i pani presso l'altare e depostili entro dei cesti ne dispone la distribuzione tra i presenti. Si fa ressa, tutti vogliono avere per sé una parte di cibo benedetto, molti tra i fortunati ne trattengono solo alcuni bocconi e spezzano i pani offrendoli a chi non ne ha ricevuto.
Questa offerta e condivisione del pane quasi banale in una società opulenta che ignora la fame e gli affamati, ha invece straordinaria valenza materiale e simbolica per chi ancora ha memoria del suo stentato passato contadino, dove potere accedere al pane di frumento era fatto eccezionale.
La Messa si chiude dopo il sacro banchetto ma i riti non hanno termine.
L'Immacolata viene posta sul fercolo processionale e interamente coperta di un manto nero. Sostenuta a braccia, in silenzio, è trasferita all'interno di una abitazione privata poco distante. La attendono alcune donne, vestite a lutto. Saranno loro che, al riparo da occhi indiscreti, toltole il manto, spoglieranno la Madonna della corona dorata e dei festosi abiti che indossa ordinariamente, rivestendola degli abiti neri della Madre Addolorata. Saranno queste donne ad esserle sempre compagne nella veglia cantata del Venerdì Santo.
Frattanto gli Apostoli, il sacerdote e alcuni ospiti, bevuto un bicchiere di vino in sacrestia, si riuniscono per mangiare insieme bollito di manzo e capra al sugo nella saletta soprastante il piccolo bar che si apre sulla piazza . Il pasto è offerto dal proprietario del locale.

- Testo  tratto dal volume "La Settimana Santa a San Luca", Etnovisioni s.n.c., Catanzaro, 2007, a cura di Ignazio E. Buttitta.
- Foto a cura di Angelo Maggio.